MONTE ROCCOLO E CALCARA

LA NATURA SELVAGGIA DEL MONTE ROCCOLO

Attraversato il tunnel cui si acceda dal parco romantico, ci si immerge nella natura selvaggia del parco San Marco, tanto caro a don Giuseppe Fogazzaro. Gli stretti sentieri si inerpicano fino a condurre sulla cima del Monte Roccolo ( 72 m s.l.m.), il più alto dei 7 colli montegaldesi. L’aspra natura che accoglie il visitatore, appena oltrepassato il tunnel oltre il quale dominano i ruderi di un finto castelletto ( reinterpretazione di una vecchia calcara scoperta dall’archeologo Brun), lascia gradualmente il posto all’abbraccio accogliente di un lungo filare di secolari cipressi che aprono la vista su di un’ampia rada coltivata ad ulivi. Seguendo il viottolo principale si arriva alla sommità del monte, sulla quale si erge il restaurato roccolo. La discesa riserva nuovi scorci e panorami che immergono il visitatore tra lecci, pini neri, uno svettante pino domestico, bagolari, frassini e querce. L’accesso al parco è possibile anche attraverso il cancello d’ingresso che conduce alla Specola, edificio in stile liberty dei primi del ‘900 fatto costruire da Antonio Fogazzaro per il figlio Mariano, appassionato dell’osservazione della volta celeste.

LA CALCARA, UN OPIFICIO A CIELO APERTO

Il piccolo fortilizio costruito da Don Giuseppe Fogazzaro sul finire dell’800 come ‘falsa rovina’, evocatrice di un medioevo eroico e carico di suggestioni risorgimentali, costituisce l’elemento di raccordo tra il galoppatoio del parco e il Monte Roccolo tramite un sottopasso che ‘taglia’ la strada e collega le due aree.
Queste strutture sono state a lungo considerate alla stregua di semplici fabriques, cioè come una delle tipiche ricostruzioni di monumenti antichi (tempietto dorico, ponticello gotico, etc.) che i progettisti dei giardini romantici erano soliti inserire nei percorsi dei loro parchi. Manufatti dunque belli da vedere e ricchi di significato, ma generalmente privi di un autentico valore archeologico.
Di recente, tuttavia, è emerso che i ruderi fogazzariani nascondevano al loro interno una struttura architettonica antecedente, ossia una calcara, un forno per la produzione della calce, la cui esistenza è stata segnalata a seguito delle ricerche condotte dal Dott. Brun, già collaboratore del Muvec in qualità di archeologo e operatore didattico.
I risultati delle analisi tecniche del manufatto e lo studio delle dinamiche storico-sociali che lo videro trasformarsi in falsa rovina saranno rese disponibili a breve sia in forma digitale (pdf scaricabile) sia in forma cartacea (presso la sede museale) per chiunque desideri approfondire la conoscenza di questa interessante realtà del territorio di Montegalda.